Diritto Civile


Il Caso.it, Sez. Giurisprudenza, 25220 - pubb. 30/04/2021

Responsabilità professionale dell’avvocato per omessa allegazione

Appello Venezia, 16 Luglio 2020. Pres. Micochero. Est. Brandolisio.


Avvocato - Responsabilità - Presupposti



In ordine alla responsabilità professionale dell’avvocato, si ricorda che la stessa non può, in sostanza, ravvisarsi per il solo fatto del non corretto adempimento della prestazione professionale, occorrendo, verificare se l’evento produttivo del pregiudizio lamentato dal cliente sia riconducibile alla condotta del primo, se un danno vi sia stato effettivamente ed, in fine, se, ove questi avesse tenuto il comportamento dovuto, il suo assistito, alla stregua di criteri probabilistici, avrebbe conseguito il riconoscimento delle proprie ragioni, difettando, altrimenti, la prova del necessario nesso eziologico tra la condotta del legale, commissiva od omissiva, ed il risultato derivatone.

Necessita, pertanto, verificare: la sussistenza di un’attività difensiva inesatta, inadeguata, non diligente ovvero del tutto omessa da parte del difensore; l’esistenza concreta di un danno, consistente in una diminuzione patrimoniale patita dal cliente; la riconducibilità alla condotta del primo dell’evento produttivo del pregiudizio lamentato attraverso la verifica, con ragionevole probabilità, del conseguimento delle ragioni dell’assistito nel caso della correttezza ed adeguatezza dell’attività difensiva.

[Nel caso di specie, analizzando l’attività prestata dall’avvocato in relazione all’azione di indennizzo a suo tempo proposta in favore del suo ex cliente, si deve ribadire che le scelte professionali operate appaiono del tutto contraddittorie ed azzardate, in un decrescendo di domande caratterizzate da presupposti completamente diversi tra loro e in relazione alle quali l’onere di allegazione, necessario, altresì, per l’ammissione delle prove richieste, si dimostrava caratterizzarsi assai diversamente anche con riferimento al giudice competente.] (Feliciano Dal Bo) (riproduzione riservata)


Segnalazione dell’Avv. Feliciano Dal Bo


REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE D’APPELLO DI VENEZIA

SEZIONE QUARTA CIVILE

Composta dai Signori Magistrati

Dott. Lisa MICOCHERO Presidente

Dott. Adele SAVASTANO Consigliere

Dott. Antonella BRANDOLISIO Consigliere aus. estensore

ha pronunciato la seguente

S E N T E N Z A

Nella causa civile riunita in grado di appello iscritta al n… /2018 del Ruolo Generale dell’anno 2018

TRA

M,   C.F. ……

Che agisce in proprio

CONTRO

B, C.F. …

rappresentato e difeso dall’avv. Feliciano Dal Bo, per procura allegata alla comparsa di costituzione e risposta in appello

NONCHE’ CONTRO

(…)

rappresentata e difesa dall’avv…., per procura in calce alla copia notificata dell’atto di citazione per chiamata in causa di terzo

Oggetto: appello avverso la sentenza n…. /2018 del Tribunale di Treviso, emessa in data 12.03.2018, depositata in data 13.03.2018

CONCLUSIONI

Per parte appellante

IN VIA PRELIMINARE

− Rigettare l'eccezione di inammissibilità dell'appello ex art. 342 c.p.c. promossa dal signor B. in quanto infondata in fatto ed in diritto;

 

NEL MERITO

In via principale:

- Respingersi ogni domanda svolta dal Sig. B. nei confronti dell’Avv. M, siccome infondata in fatto ed in diritto per le motivazioni esposte in narrativa e per l’effetto confermarsi in ogni sua parte il decreto ingiuntivo opposto;

In via subordinata:

- Accertato e dichiarato che l’Avv. M. va creditore nei confronti del Sig. B. della somma di Euro 16.556,30, a titolo di residuo corrispettivo per l’attività professionale svolta in favore dello stesso nel corso di due procedimenti, promossi nei confronti della società E. rispettivamente

avanti il Tribunale di Treviso Sezione Lavoro e davanti il Tribunale di Venezia Sezione Proprietà Industriale ed Intellettuale - condannarsi il Sig. B. al pagamento in favore dell’Avv. M del precitato importo, ovvero della diversa somma anche maggiore che sarà accertata in corso di causa, oltre interesse di legge dal dì del dovuto al saldo;

- Nella denegata e non creduta ipotesi in cui l’Ecc.ma Corte d’Appello adita dovesse ritenere in parte fondate le deduzioni avversarie, Voglia ridurre, per tutte le ragioni espresse in narrativa, la pretesa ex adverso azionata alla diversa misura che risulterà in corso di causa o che sarà ritenuta di giustizia;

 

In via riconvenzionale:

- Nella denegata ipotesi in cui l’Ecc.ma Corte d’Appello adita dovesse ritenere fondate le pretese restitutorie e risarcitorie formulate dal Sig. B, accertato e dichiarato, in ogni caso, che l’Avv. M. va creditore nei confronti del Sig. B. della somma di Euro 16.556,30, ovvero della diversa somma anche maggiore che sarà accertata in corso di causa, per le causali di cui in narrativa, dichiararsi compensazione tra il credito dello stesso e il controcredito restitutorio e risarcitorio dell’odierno opponente e per l’effetto condannarsi il Sig. B. a corrispondere la residua somma che risulterà in corso di causa, oltre agli interessi legali dal dovuto al saldo effettivo.

- Nella denegata e non creduta ipotesi di accoglimento totale o parziale delle avverse attoree domande, condannare in ogni caso la convenuta compagnia assicurativa a tenere indenne e/o a manlevare integralmente l’Avv. M. da ogni avversa domanda e pretesa;

In ogni caso

- Con vittoria di spese e compensi di entrambi i gradi del giudizio e con conseguente condanna del Sig. B. alla restituzione delle somme percepite in esecuzione della sentenza n… /2018 del Tribunale di Treviso, oltre agli interessi dalla data del pagamento a quelli dell’effettiva restituzione.

 

Per parte appellata B.

IN VIA PRELIMINARE

in principalità

Per le considerazioni esposte in comparsa di costituzione e risposta, pronunciare l’inammissibilità dell’appello ai sensi degli artt. 348 bis e 348 ter

c.p.c. Per l’effetto, confermare in toto la sentenza n… /2018 del Tribunale di Treviso.

in subordine

Per le considerazioni esposte in comparsa di costituzione e risposta, dichiarare con sentenza l’inammissibilità dell’appello per genericità dei motivi d’impugnazione e quindi per violazione dell’art. 342 c.p.c., ovvero, per l’erroneità delle conclusioni rassegnate nell’atto d’appello. Per l’effetto, confermare in toto la sentenza n… /2018 del Tribunale di Treviso.

NEL MERITO

Per le considerazioni esposte in comparsa di costituzione e risposta, respingere l’appello per l’infondatezza delle censure mosse dall’avv. M. e, per l’effetto, confermare in toto la sentenza n… /2018 del Tribunale di Treviso.

IN OGNI CASO

Con integrale rifusione delle spese e competenze professionali di entrambi i gradi di giudizio.

Per la terza chiamata

NEL MERITO IN PRINCIPALITA’ ANCHE QUALE APPELLO INCIDENTALE:

In totale riforma della sentenza impugnata, respingersi ogni domanda svolta da B. e, per l’effetto, respingersi ogni domanda svolta dall’avv.M. nei confronti di..  .

Dovere conseguentemente l’avv. M. e, per esso, il signor B., restituire a… la somma di € 25.812,22, con gli interessi dal 17 maggio 2018 al saldo effettivo.

Con vittoria di spese ed onorari di lite di entrambi i gradi del giudizio.

NEL MERITO IN VIA SUBORDINATA ANCHE QUALE APPELLO INCIDENTALE:

Nella denegata ipotesi di riforma solo parziale, e perciò di accoglimento anche solo parziale della domanda riconvenzionale dell’opponente, dichiararsi e darsi atto che… assume la garanzia alle condizioni e con i limiti di polizza quali descritti nelle premesse del presente atto, con esclusione dell’obbligazione indennitaria con riferimento alla remunerazione del legale, con la franchigia del 10 % e con un minimo di € 250,00 ed un massimo di € 25.000,00, con ogni conseguenziale pronuncia in ordine all’entità della manleva e alle restituzioni da porre a carico dell’avv. M. e, per esso, a carico del signor B., tenuto conto dell’avvenuto pagamento, da parte di… della complessiva somma di € 25.812,22 in forza della sentenza impugnata, di cui € 18.627,11 per capitale ed interessi legali ed il residuo per spese legali.

Con vittoria o, quantomeno, la compensazione delle spese di lite.

FATTO E DIRITTO

La controversia trova avvio dall’opposizione promossa da B. avverso il Decreto Ingiuntivo N… /14, emesso in data 19.08.2014 dal Tribunaledi Treviso per la somma di € 16.556,30- per il pagamento a favore dell’avvocato M. di compensi professionali relativi a due controversie a suo tempo avviate per conto dell’opponente nei confronti della società E..

Con l’opposizione, avviata con le modalità del rito sommario ex art. 702 bis c.p.c. e del D. Lgs. N. 150/11, l’opponente contestava sia l’an che il quantum del credito posto a fondamento del provvedimento monitorio e avanzava una domanda riconvenzionale di risarcimento del danno patito dal cliente, quantificato nella somma di € 21.297,12- a fronte di un’assunta responsabilità professionale del legale ex art. 1176, II° c., c.c., per aver condotto non correttamente le controversie e convinto l’opponente nella loro prosecuzione nonostante la sua volontà contraria.

Detto danno si era concretizzato negli acconti versati al professionista, negli oneri sopportati per la soccombenza nelle controversie citate e nelle spese per l’istanza di revoca del parere del COA di Treviso a suo tempo richiesto dal legale procedente.

Contestava, altresì, il B. che il parere di congruità della parcella originariamente richiesto al proprio ordine professionale dal legale in questione fosse stato da quest’ultimo annullato in autotutela a seguito della sua mancata comunicazione al cliente interessato, con la conseguenza dell’assenza del presupposto stesso legittimante il provvedimento monitorio.

L’opponente istava, da ultimo, per il riconoscimento della responsabilità ex art 96 c.p.c. L’avvocato M. eccepiva l’erroneità dell’opposizione proposta, sia nel merito che dal punto di vista procedurale, in quanto tardiva poiché avrebbe dovuto essere proposta con rituale atto di citazione.

Ribadiva la correttezza del proprio operato e delle competenze richieste osservando in merito al parere fornito dal proprio Ordine Professionale che il primo, effettivamente annullato, era stato seguito da uno successivo, rettificando in misura minima il compenso e che il provvedimento monitorio non solo era stato emesso vigente il primo parere ma era stato, altresì, notificato prima del suo annullamento.

Anche parte opposta proponeva domanda di risarcimento da lite temeraria e chiedeva l’eventuale compensazione del proprio credito con quanto eventualmente riconosciuto alla controparte.

Il professionista istava per la chiamata in causa della propria compagnia assicuratrice nei cui confronti svolgeva domanda di manleva.

Il giudice di primo grado, in via preliminare, provvedeva alla mutazione del rito da sommario in ordinario ed autorizzava la detta chiamata.

Costituitasi…, la stessa si associava alle difese del proprio assicurato, evidenziando, nel caso di condanna al pagamento di qualsiasi somma, la previsione nel contratto assicurativo di una franchigia del 10%.

La causa veniva istruita documentalmente e con l’assunzione di testimoni.

All’esito, il giudice di primo grado: rigettava l’eccezione di tardività dell’opposizione sia pur non ritualmente proposta; accertava la revocabilità del provvedimento monitorio opposto in quanto sfornito del presupposto fondamentale costituito dal parere di congruità dell’Ordine Professionale, in quanto annullato ex tunc; accertava la responsabilità professionale dell’avvocato M. nello svolgimento della sua attività professionale; accoglieva, conseguentemente, la domanda riconvenzionale svolta da B. ; accoglieva la domanda di manleva del professionista nei confronti della propria compagnia assicuratrice, fatta eccezione per i compensi a suo tempo versati a titolo di acconto dal cliente e riducendo l’importo in relazione alla franchigia contrattuale; rigettava entrambe le domande delle parti in relazione all’art. 96 c.p.c.; condannava il professionista alla refusione delle spese della lite, ricomprese nella manleva riconosciuta.

Ha proposto appello M. sulla base di tre motivi di censura inerenti: gli addebiti mossi all’attività professionale del medesimo; il compenso richiesto; la revoca del D.I. oggetto di opposizione e le spese di opinamento della parcella.

In particolare, quanto al primo: la circostanza di aver promosso la controversia e concluso a favore del sig. B. quale persona fisica nel mentre il mandato ricevuto risultava quale legale rappresentante della società B S.a.s, non era stata nemmeno eccepita dalla controparte e non era stata la causa della soccombenza, ditalchè si dimostrava assolutamente irrilevante in punto responsabilità; il lavoro svolto dal cliente ed oggetto della controversia si incentrava sulla consulenza prestata per lo sviluppo del prodotto realizzato dalla ditta convenuta con competenza, pertanto, del giudice del lavoro e al solo fine di qualificarne la portata e l’originalità era stata utilizzata la terminologia afferente “l’inventiva industriale”, il “modello di utilità”, senza con questo avere pretese di riconoscimento di invenzioni in materia di proprietà industriale ed intellettuale; tutte le scelte e l’impostazione delle controversie erano state condivise con il cliente il quale aveva manifestato perplessità sull’esito solo a seguito della conoscenza che la società controparte aveva notevoli difficoltà economiche; la residuale domanda proposta ex art. 2041 c.c. era fornita dei relativi presupposti; il compenso richiesto nella controversia su base oraria trovava fondamento nel rischio, diversamente, di genericità della domanda, risultando di difficile quantificazione; non esegibile risulterebbe l’obbligo di dissuasione nel caso di specie che importerebbe automaticamente la responsabilità qualora il professionista non sconsigli una controversia in cui risulti successivamente soccombente mentre la contestata responsabilità non può che derivare dalla prova dell’inadempimento ai doveri di diligenza, del verificarsi di un danno al cliente e che detto danno derivi direttamente dall’inadempimento il quale, qualora assente, avrebbe determinato l’esito favorevole della controversia.

In merito al compenso vengono ribadite le considerazioni svolte in primo grado, specificando l’attività svolta anche alla luce della quantificazione del valore della causa, considerazioni confermate anche con riguardo alla problematica dell’annullamento del primo parere di congruità del COA che non avrebbe inciso su una situazione già consolidata per essere stato pronunciato e notificato il D.I. nella sua vigenza. Il COA, in ogni caso, aveva prodotto nuovo parere di congruità delle parcelle professionali con minima riduzione dei compensi.

Si è costituito B.  eccependo l’inammissibilità dell’impugnazione ai sensi degli artt. 342 e 348 bis c.p.c.

Nel merito parte appellata ribadisce che nel giudizio avviato a suo tempo dall’avvocato M. : intendeva ottenere un compenso per la propria attività di consulenza mentre il legale impostava la pretesa come attività di invenzione e di cessione di “Know How” ed il mandato veniva rilasciato quale legale rappresentante della propria società; il conseguente dovere di dissuasione in merito ad una pretesa non azionabile a fronte, altresì, dei pagamenti già ottenuti dalla propria società e dall’assenza di alcuna posizione fiscale per pretendere un pagamento; la carenza di alcuna allegazione in materia di invenzione ovvero di elaborazione di un modello industriale;

l’omissione di informazioni circa lo stato precario della società convenuta; la persuasione operata dal professionista circa la bontà della pretesa e del suo probabile ottenimento.

In comparsa conclusionale la difesa della parte appellata B. eccepiva l’inammissibilità dell’impugnazione in quanto il soccombente avrebbe dovuto esperire unicamente il ricorso avanti alla Corte di Cassazione.

Invero, erroneamente il giudice di primo grado avrebbe convertito il rito originariamente prescelto dalla parte opponente in rito ordinario, atteso che le questioni afferenti sia l’an che il quantum in merito a compensi professionali dell’avvocato trovano sede, secondo la giurisprudenza delle Sezioni Unite della Corte di legittimità, unicamente nel procedimento sommario ex art. 14 del D.Lgs. N. 150/2011, effettivamente esperito dall’opponente B., il cui provvedimento finale risulta inappellabile.

Si è costituita, altresì,… facendo proprie le argomentazioni dell’assicurato e chiedendo la restituzione di quanto versato per conto del cliente in esecuzione della sentenza di primo grado.

La stessa ha proposto appello incidentale, in via subordinata, nell’ipotesi di accoglimento solo parziale dell’impugnazione affinchè dall’obbligazione indennitaria sia esclusa la remunerazione del legale, la franchigia del 10% e con un minimo da € 250,00 ed un massimo di € 25.000,00 come da regole contrattuali.

 

In via preliminare, in merito all’ammissibilità dell’appello nel suo complesso e dal punto di vista strutturale, eccezione dell’appellato nel caso di specie da rigettare, si ribadisce che “l’impugnazione deve contenere, a pena di inammissibilità, una chiara individuazione delle questioni e dei punti contestati della sentenza impugnata e, con essi, delle relative doglianze, affiancando alla parte volitiva una parte argomentativa che confuti e contrasti le ragioni addotte dal primo giudice, senza che occorra l’utilizzo di particolari forme sacramentali o la redazione di un progetto alternativo di decisione da contrapporre a quello di primo grado, tenuto conto della permanente natura di revisio prioris instantiae del giudizio di appello, il quale mantiene la sua diversità rispetto alle impugnazioni a critica vincolata” (Cass. S.U. 10.02.2019, n. 12587).

Non ha pregio, parimenti, l’eccezione preliminare di inammissibilità circa la non appellabilità della sentenza nel caso di specie a fronte del rito originariamente prescelto dall’opponente ed asseritamente, erroneamente, mutato in ordinario dal giudice del Tribunale di Treviso.

Invero, indiscusso che il rito effettivamente adottato e proseguito in primo grado risulta quello ordinario, anche a non voler considerare la domanda riconvenzionale della controparte che inserisce l’ulteriore questione, diversa, della responsabilità professionale, in ogni caso, per il principio di ultrattività del rito, là dove il giudice abbia trattato la causa secondo quello erroneamente adottato, il giudizio deve proseguire nelle stesse forme (Cass. 06.11.2019, n. 28519; Cass. 08.01.2019, n. 210), con piena legittimazione, pertanto, ad esperire l’appello proposto.

Nel merito, l’appello non ha pregio e deve essere rigettato.

In primis, in ordine alla responsabilità professionale dell’avvocato, si ricorda che la stessa non può, in sostanza, ravvisarsi per il solo fatto del non corretto adempimento della prestazione professionale, occorrendo, verificare se l’evento produttivo del pregiudizio lamentato dal cliente sia riconducibile alla condotta del primo, se un danno vi sia stato effettivamente ed, in fine, se, ove questi avesse tenuto il comportamento dovuto, il suo assistito, alla stregua di criteri probabilistici, avrebbe conseguito il riconoscimento delle proprie ragioni, difettando, altrimenti, la prova del necessario nesso eziologico tra la condotta del legale, commissiva od omissiva, ed il risultato derivatone (Cass. 15.12.2016, n. 25895).

Necessita, pertanto, verificare: la sussistenza di un’attività difensiva inesatta, inadeguata, non diligente ovvero del tutto omessa da parte del difensore; l’esistenza concreta di un danno, consistente in una diminuzione patrimoniale patita dal cliente; la riconducibilità alla condotta del primo dell’evento produttivo del pregiudizio lamentato attraverso la verifica, con ragionevole probabilità, del conseguimento delle ragioni dell’assistito nel caso della correttezza ed adeguatezza dell’attività difensiva prevista per il caso di specie.

Analizzando, quindi, l’attività prestata dall’avvocato M. in relazione all’azione di indennizzo a suo tempo proposta in favore di B. si deve ribadire che le scelte professionali operate appaiono del tutto contraddittorie ed azzardate, in un decrescendo di domande caratterizzate da presupposti completamente diversi tra loro e in relazione alle quali l’onere di allegazione, necessario, altresì, per l’ammissione delle prove richieste, si dimostrava caratterizzarsi assai diversamente anche con riferimento al giudice competente.

Invero, nonostante il professionista successivamente, nell’ambito del presente giudizio, abbia tentato di mutare il significato ed il conseguente peso delle argomentazioni dell’atto introduttivo della controversia avanti al giudice del lavoro di Treviso, la narrativa, l’esposizione e le relative conclusioni appaiono del tutto chiare nel senso del preteso riconoscimento e, conseguente, pagamento delle asserite “invenzioni” di cui avrebbe beneficiato gratuitamente la convenuta.

Ciò può dirsi anche con riguardo alla subordinata pretesa in relazione ad asseriti “nuovi modelli produttivi” creati dall’attore, ovvero relativamente alla presunta cessione di “know how” da parte del medesimo.

E’ proprio il tenore dell’atto, d’altra parte, che ha determinato il giudice del lavoro a declinare la propria competenza in favore della sezione speciale del Tribunale di Venezia in materia di invenzioni e brevetti che non avrebbe avuto alcuna ragione a fronte della mera richiesta di riconoscimento di una collaborazione personale posta in opera dal B., diversamente ed aggiuntiva rispetto alla collaborazione posta in essere dalla B. S.a.s., già remunerata.

Proprio la specificità delle asserite attività che il soggetto avrebbe posto in essere nel senso dell’innovatività e peculiarità ha creato il primo problema di competenza all’azione dell’avvocato M. il quale ampiamente argomentava negli atti, anche in diritto, circa il carattere innovativo dell’attività del cliente.

Conclusosi anticipatamente il primo giudizio con la declaratoria di incompetenza del giudice del lavoro, l’omessa impugnazione della medesima e l’indiscussa avvenuta riassunzione avanti al giudice competente per le opere dell’ingegno non possono che manifestare la convinzione del professionista dell’idoneità delle proprie domande rispetto ai fondamenti della materia prospettata dal primo giudice.

Ciò, tuttavia, manifesta: da un lato, la contraddittorietà con l’intento di azionare un’attività di mera collaborazione del cliente con la società convenuta avanti al giudice del lavoro che si manifestava, pertanto, non correttamente proposta; dall’altro, la convinzione della sufficienza di quanto dedotto ed allegato rispetto ai presupposti fondanti la domanda avanti alla sezione specializzata del Tribunale di Venezia.

Detto secondo elemento, tuttavia, è stato specificamente smentito dal medesimo giudice per difetto di specifiche allegazioni da parte del ricorrente.

Invero, afferma il giudice: “Nella fattispecie non può che essere rilevata la mancanza di qualsivoglia allegazione nel ricorso introduttivo tale da porre in condizione la resistente, e il giudice stesso, di verificare a quali specifiche invenzioni e modelli il ricorrente si riferisse..” (Tribunale di Venezia, Sezione specializzata, n. 1623 del 28.08.2012, doc. 28 parte appellata). Prima ancora che un problema di adeguatezza e completezza dei mezzi istruttori indicati dall’avvocato M. nei propri atti difensivi, pertanto, vi è stato un difetto fondamentale di specificazione dei fatti e delle circostanze atte a fondare il successivo giudizio sulle modalità della prova e che ha impedito ogni e qualsiasi valutazione da parte del Tribunale. Testualmente:” il Collegio rileva che l’attore, ancor prima dell’assolvimento dell’onere probatorio non ha provveduto ad assolvere l’onere di allegazione di cui era gravato: alla luce della inemendabile genericità delle relative domande proposte in via principale , subordinata ed ulteriormente subordinata esse non possono che essere rigettate” (sentenza già citata).

Può aggiungersi, in detto ambito, sempre nel senso della carenza dell’attività difensiva denunciata, che una volta accettata la competenza della sezione specializzata del Tribunale di Venezia, il difensore non si è premurato di implementare e puntualizzare le circostanze inerenti le proprie domande nel senso stigmatizzato dal giudice ed idoneo a caratterizzare il proprio materiale argomentativo in relazione alla specificità del nuovo giudicante, mantenendo un profilo che lo stesso autore, successivamente, definisce atto a raggiungere un risultato ben diverso (riconoscimento di una mera collaborazione).

Si ritiene che ciò sia sufficiente ad integrare i presupposti in precedenza ricordati al fine di poter delineare e riconoscere una responsabilità professionale dell’avvocato la cui carente attività non ha di per sé stessa permesso alcuna valutazione da parte del giudice al di là di ogni giudizio prognostico sulla fondatezza delle domande proposte.

In tale ottica sia il profilo della carenza del mandato, effettivamente rilasciato per conto della società di persone rappresentata dal B. (sebbene effettivamente non eccepita), sia l’inoltro, de residuo, della domanda ex art. 2041 c.c., parimenti rigettata dal giudice specializzato in quanto, quale azione residuale, non certo di competenza del medesimo attese le autorità specifiche adite e gli strumenti giuridici specifici utilizzati, non possono che porsi quali elementi sintomatici di un’inadeguata valutazione e ponderazione dei fatti oggetto dell’attività da parte del professionista, sfociata in un’attività difensiva che ha addirittura impedito ogni pronunciamento nella denunciata, ipotetica, materia del contendere.

Il profilo ora trattato assorbe ogni valutazione in merito alla correttezza del compenso richiesto dall’avvocato M.

Quanto, viceversa, alla revoca del D.I. opposto in relazione all’annullamento del parere del competente COA, oltre agli effetti di detto annullamento ex tunc, già evidenziati dal giudice di primo grado, non si può sottacere che la pendenza della richiesta di revoca del parere e, quindi, il rischio della caducazione dell’atto consultivo, con precisa motivazione, era stata comunicata dall’opponente al difensore interessato già in data 04.08.2014 (doc. 8 parte appellata), addirittura prima dell’emissione del provvedimento monitorio richiesto. La confezione delle copie conformi del medesimo e la sua notificazione pertanto (rispettivamente il 04.09.14 e il 13.09.14), sono riconducibili alla mera, consapevole, volontà della parte interessata la quale, pertanto, risulta, da un lato, aver accettato il rischio dell’inefficacia dell’attività nel caso, fondatamente prevedibile, dell’annullamento del parere ex adverso censurato, dall’altro non poteva arbitrariamente consolidare effetti nella consapevolezza del probabile vizio. Stante, in ogni caso, la sussistenza del provvedimento monitorio sia pur viziato in quanto carente del suo presupposto essenziale, corretta si dimostra la revoca del medesimo da parte del giudice dell’opposizione.

In ogni caso, anche a voler accogliere il profilo della consolidazione del detto provvedimento, stante l’opposizione e l’esito del giudizio di merito, parimenti corretta ne risulterebbe la revoca e l’addebito delle spese della relativa procedura, anche di opinamento, in capo alla parte soccombente.

Le argomentazioni sin qui illustrate assorbono, altresì, quanto proposto dalla terza chiamata… nel proprio appello incidentale dimostrandosi, inoltre, corretta la decisione del primo grado che ha tenuto in considerazione, nella condanna del professionista in via riconvenzionale e nella conseguente condanna della compagnia assicuratrice alla manleva del medesimo, sia la somma versata a titolo di remunerazione in acconto del legale, sottratta dalla somma liquidata, sia la franchigia contrattualmente prevista tra assicurato ed assicuratore.

In ragione del rigetto delle impugnazioni principale ed incidentale proposte, le spese del presente grado di giudizio vengono liquidate in base alla soccombenza secondo i parametri di cui al D.M. N. 55/2014, valutate la natura e difficoltà delle questioni trattate.

Considerato che l’atto di appello è stato notificato in tempo posteriore al 30 gennaio 2013 ed in ragione della soccombenza delle parti appellante principale e appellante incidentale, la Corte dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte delle stesse di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per l’appello principale ed incidentale, a norma dell’art. 13, comma 1 bis del DPR 30 maggio 2002, n. 115.

 

P. Q. M.

La Corte d’Appello di Venezia, definitivamente pronunciando sull’appello in epigrafe indicato, contrariis rejectis, lo rigetta e per l’effetto

elenco  di 5 elementi

1. Conferma integralmente la decisione di primo grado.

2. Condanna M. a rifondere a B. le spese del presente grado di giudizio che liquida in € 6.615,00- per compensi professionali, oltre a spese forfettarie del 15%, cpa ed iva.

3. Condanna… in persona del suo legale rappresentante pro-tempore, a manlevare M. per quanto stabilito al punto 2.

4. Dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte dell’appellante principale di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per l’appello proposto.

5. Dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte dell’appellante incidentale di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per l’appello incidentale proposto.

fine elenco

Così deliberato in Venezia il 16.07.2020

Il Presidente Dott. Lisa Micochero

Il Consigliere est. Avv. Brandolisio Antonella