Crisi d'Impresa e Insolvenza


Il Caso.it, Sez. Giurisprudenza, 16825 - pubb. 02/03/2017

Opposizione all’accordo di ristrutturazione sottoscritta personalmente dalla parte e interesse ad agire

Appello Napoli, 16 Febbraio 2017. Est. D'Aquino.


Accordo di ristrutturazione dei debiti - Opposizione - Ricorso sottoscritto personalmente dalla parte non abilitata - Inesistenza - Sanatoria ex art. 182, comma II, c.p.c. - Esclusione

Accordo di ristrutturazione dei debiti - Opposizione - Domanda proposta da soggetti dotati solo di un interesse astratto e di mero fatto - Interesse ad agire - Esclusione - Legittimazione a proporre reclamo avverso il decreto di omologa - Esclusione



Non è ammissibile la costituzione personale della parte nel giudizio di opposizione instaurato ex art. 182-bis, comma 4, l.fall. avverso l’omologazione dell’accordo di ristrutturazione dei debiti. È, perciò, inesistente e, come tale, non sanabile ai sensi dell’art. 182, comma 2, c.p.c. con il successivo deposito della procura, il ricorso sottoscritto dalla parte personalmente. La disposizione richiamata, infatti, nel consentire la sanatoria ex tunc in caso di invalidità della procura o quando questa sia mancante, presuppone che l’atto sia stato redatto dal difensore e non trova applicazione nella diversa ipotesi in cui l’atto processuale sia stato redatto personalmente dalla parte non abilitata e successivamente ratificato dal difensore. (Ilaria Guadagno) (Riproduzione riservata)

Sono privi di interesse ad agire rispetto al giudizio di opposizione all’omologazione dell’accordo di ristrutturazione dei debiti (nonché, conseguentemente, privi di legittimazione a proporre il successivo reclamo avverso il provvedimento di omologa) i terzi che siano portatori di un interesse del tutto astratto e di mero fatto, come coloro che sono soci delle società (fallite) a loro volta socie della proponente. L'interesse rilevante ex art. 100 c.p.c. per la proposizione dell'opposizione all'omologa dell'accordo di ristrutturazione dei debiti presuppone, infatti, la sussistenza di un pregiudizio concreto ed attuale che possa derivare al terzo dall'attuazione dell'accordo di ristrutturazione concluso tra il debitore e i creditori aderenti. Detto pregiudizio deve essere tale da poter essere astrattamente eliminato, almeno in parte, attraverso l’esperimento delle azioni revocatorie fallimentari e, soprattutto, deve riguardare posizioni e interessi di natura strettamente patrimoniale, idonee a trasformarsi, con adeguata immediatezza, in diritti di credito suscettibili di essere efficacemente fatti valere nei confronti del debitore e di essere compromessi dagli atti di disposizione che il debitore ha previsto nell’accordo stipulato con i creditori aderenti. È posto a carico del terzo, dunque, l’onere di dimostrare il pregiudizio che potrebbe derivare dalla esenzione dalla revocatoria fallimentare o dai reati fallimentari. (Ilaria Guadagno) (Riproduzione riservata)


Segnalazione del Prof. Avv. Francesco Fimmanò


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